Il pane tipico di Sardegna
Il pane, simbolo dell’alimentazione italiana, insieme alla pasta con la salsa di pomodoro e la pizza, e a un buon bicchiere di vino
La regione italiana che vanta più tipologie di pane è proprio la Sardegna. Il più famoso è senza dubbio il pane Carasau, facilmente trovabile anche nei supermercati fuori dall’Isola, ma non è l’unico, anzi. Esistono decine di tipi di pani, quelli a mollica soffice (civraxiu) o compatta (coccoi), pani a sfoglia morbida (la spianata) o a sfoglia croccante (Carasau e Pistoccu). Tutti legati al territorio e alle loro radici storiche, in prevalenza a vocazione pastorale, soprattutto quelli a sfoglia croccante appunto.
Il pane pistoccu ad esempio anticamente veniva preparato dalle donne dei pastori, che lo portavano con sé durante i lunghi mesi di transumanza con le greggi di pecore e/o capre in montagna.
La preparazione di questi pani biscottati è molto affascinante a vedersi perché ampiamente artigianale e in certe fasi fatta a mano.
Del pane carasau, antichissimo e rinomato, ne parla il Premio Nobel per la Letteratura Grazia Deledda, in un bellissimo passo del racconto “Ferro e Fuoco”:
«[la pasta] a tirarla col matterello in tante grandi lune dorate o in cerchi ritagliati come diademi pesanti, e, plasmato così il pane, a collocarlo per un nuovo fermento tra una piega e l’altra dei lunghi panni di spiga, cioè di lino grezzo, che da generazioni si conservano in casa per questo uso esclusivo. Al momento opportuno mia madre sollevava il panno e vi scrutava dentro, come se fra le pieghe riposasse un bambino dormente: dall’odore, direi dall’alito del pane ne sentiva la giusta fermentazione, e allora, senza parlare, senza darsi importanza, sedeva lei davanti al forno, come alla prua di una barca, con le pale per remi, e, dopo averne bene spazzato il fondo, infornava il pane: uno per uno quello stirato sottile rotondo, che si gonfiava e poi veniva spaccato in due fogli e biscottato, e formava la carta di musica, come lo chiamavano i forestieri, forse per il suo colore e la sua delicata eppur resistente friabilità, e durava intere settimane, croccante, dolce come una galletta, gioia dei forti denti giovanili e sani, (i vecchi lo ammollano, ed è buono lo stesso); tutto in una infornata il pane a cerchio o a micche, che per lo più, però, si usava solo per le grandi occasioni. E mentre questo veniva deposto in un largo canestro, la carta di musica si elevava, un foglio su l’altro, in colonna; e tutta la provvista conservata all’asciutto, nella dispensa che sembrava, per le sue svariate riserve, il deposito dell’arca di Noè. Del pane fresco, intanto, ne veniva mandato uno o due in regalo a parenti e vicini di casa, che a loro volta lo restituivano nei giorni della loro cottura».
Il pane carasau si presta anche ad essere consumato semplicemente con pani, salumi, bottarga, carciofi sott’olio e sottaceti. Un piatto speciale consiste nell’antico ‘pani frattau’, di cui parla anche la scrittrice Grazia Deledda, una pietanza in cui al pane carasau adagiato in una terrina monoporzione viene aggiunta della salsa di pomodoro fresca e un uovo precedentemente cotto in camicia.
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