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Tempio di Antas, Fluminimaggiore - Hosteja.it

Il Tempio punico-romano di Antas

Area Archeologica di ANTAS

Sud ovest Sardegna – Fluminimaggiore

La Sardegna fin da tempi antichissimi era definita l'”isola dalle vene d’argento” per mettere in evidenza come il sottosuolo fosse ricco di questo pregiato metallo.

La valle di Antas rappresenta un esempio di tale abbondanza infatti celati tra le montagne si trovavano ricche miniere non solo d’argento ma anche di piombo e ferro. Qui trovò dimora dapprima il popolo nuragico che fu l’antecessore, il priomo proprietario dei giacimenti che ne sublimò l’importanza costruendovi un piccolo santuario dedicandolo ad una delle più affascinanti divinità nuragiche: il Babay guerriero e saggio progenitore della stirpe sarda.

La località di Antas è dominata a nord dalle rocce calcaree di Monte Conca S’Omu che si erge per 615 m. ed è attraversata dal rio Antas, da cui prende il nome, l’ambiente circostante è caratterizzato da splendide zone di interesse floristico (lecci, sughere, lentischi, illastri etc) ultimi relitti del folto manto boschivo che un tempo ricopriva per intero tutta la zona. L’importanza del sito archeologico è data indubbiamente dai resti del luogo di culto romano, unico nel suo genere in Sardegna.

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Gestione area archeologica di Antas e Museo Etnografico

Escursioni e trekking nel territorio fluminese, informazioni e prenotazioni di servizi laboratori didattici per le scuole, contattare: Ufficio Turistico – via Vittorio Emanuele, 225 a Fluminimaggiore Tel: 0781 580 990 – 347 817 4989 – www.startuno.it

Villaggio Nuragico

A 200 metri a Sud Ovest del Tempio di Antas, sono stati scoperti numerosi ambienti circolari edificati con pietre di piccola pezzatura e cementate con malta di fango; appartenenti ad un modesto villaggio risalente al 1200 a.C. l’area oltre ai lavori di disboscamento non risulta mai essere stata indagata da una campagna di scavo. Assai rilevanteper la storia economica del villaggio sono i rinvenimenti di piobo fuso e scorie di lavorazione del vetro. Il villaggio fu riutilizzato in età Tardo Romana, infatti tra le abitazioni ed il muro curvilineo che lo recontava sono state scoperte quattro tombe a cassone, in una il defunto recava nell’anulare sinistro un anello in argento e stagno decorato da un serpente su cui c’era scritto in latino: “ho dato in dono a Sid Babi 94 denari“.

Necropoli Nuragica

La necropoli nuragica sorge attorno ad un affioramento roccioso individuato probabilmente come santuario, è posizionata in direzione nord-sud, a 21 metri dal podio romano, le tombe profonte da 0,35 a 0,68 m con 0,80 di diametro, appartengono sicuramente ad una necropoli più estesa, in uso nella prima Età del Ferro (IX – VIII sec. a.C.). La tipologia dei pozzetti funerari, è di estremo interesse in quanto richiama pochi altri esempi in Sardegna, tra cui le famose di Mont’e Prama nei pressi di Cabras (OR). Una toba fu eretta ad uso commemorativo (cenotafio), infatti non accoglieva il defunto ma solamente il corredo funerario. Le altre due, invece, contenevano un individuo inumato (deposto presumibilmente in ginocchio o seduto), uno di questi, era accompagnato da un bronzetto raffigurante un uomo nudo con le gambe leggermente flesse, la mano destra alzata in segno di benedizione, mentre con la statuina potrebbe rappresentare la più antica raffigurazione del Sardus Pater Babai.
Nota: le tobe sono state ricoperte dopo l’opera di scavo.

Tempio Punico

L’edifixio cartaginese venne costruito sul finire del V sec. a.C., e innalzato in onore della dività punica Sid Addir Babay che impersonificava il dio indigeno venerato nel vicino santuario nuragico. La sua costruzione si divide in due fasi: la più arcaica risale al 500 a.C. quando il luogo di culto era composto solamente da un semplice sacello (recinto sacro) rettangolare dove al suo interno una roccia sacra fungeva da altare, come documentano le tracce di ossa combuste ritrovate. Successivamente intorno al 300 c.C. avvennero una serie di trasformazioni riguardanti le decorazioni esterne. L’area ha restituito numerosi frammenti di sculture e una nutrita serie di iscrizioni dedicatorie (epigrafi) che costituiscono un patrimonio senza confronti rispetto a qualsiasi localitò delle colonie puniche di tutto l’occidente; inoltre, sono stati rinvenuti oggetti aurei, amuleti egittizanti e circa 200 monete di bronzo delle zecche di Sicilia, Cartagine e Sardegna.

Tempio Romano

 L’iscrizione latina posta sull’epistilio sovraastante le quattro colonne, conferma la datazione del Tempio romano al III sec. a.C.

In onore dell’Imperatore Cesare Marco Aurelio Antonino Augusto Pio Felice, (titolatura di Caracalla) il Tempio del Dio Sardus Pater Babi, rovinato per l’antichità fu restaurato a cura di Quinto, Celio o Proculo“.

Dagli scavi effettuati si è potuto risalire solo in minima parte alle caratteristiche del primo Tempio costruitoo da Ottaviano Augusto intorno al 38 a.C., gli storici lo descrivono decorato con antefisse raffiguranti personaggi e demoni alati, lastre di rivestimento, gocciolatoi e sculture, coronato da un frontone triangolare.

L’edificio sacro versava in grave stato di rovina quando venne riorganizzato il suo restauro sotto il dominio dell’Imperatore Caracalla, come ci svela l’iscrizione. Il tempio del Sardus Pater imponeva ai fedeli l’ascesa al podio mediante una ampia gradinata, questa si componeva di vari ripiani, nel quarto si eleva l’altare secondo i canoni rituali romani nei quali i sacrifici venivano fatti all’esterno dei templi. Il podio lungo 20 m. si divide in tre parti: Pronaos, Cella e Adyton.

Pronaos profondo circa sette metri presenta il prospetto tetrastile per la presenza delle quattro colonne frontali. Le colonne, hanno un’altezza di circa otto metri costruite in calcare locale con basi attiche, sono sormontate da capitelli in stile ionico, questi si differenziano dalla forma canonica per la mancanza dell’abaco e del canale delle volute; anche la colonna si presenta col fusto liscio, priva di scalanature.
Il pavimento del Proanis risulta completamente distrutto dagli interventi clandestini. Durante i lavori di restauro alcune parti mancanti sono state ricostruite.

Cella parte centrale del Tempio, grossi pilastri addossati ai muri perimetrali sostenevano le travi del tetto; il pavimento presenta parte del mosaico che copriva l’intera superficie, realizzato con un ordito a file parallele, presenta parte del mosaico che copriva l’0intera superficie, realizzato con un ordito a file parallele, presenta una fascia bianca e un bordo nero che delimita la parte centrale, alla Cella potevano accedere solamente i sacerdoti.

Adyton nel mro di fondo alla cella, si aprono due porte che immettono nei due vani, formando l’Adyton Bipartito. Davanti agli accessi si trovano due bacini quadrati nei quali si può discendere attraverso tre gradini; le due vasche sono impermeabilizzate con uno strato di fine cocciopesto che le rende adatte al contenimento di acqua lustrale per le cerimonie di purificazione (abluzioni). Uno dei vani ospitava la statua di bronzo del Sardus Pater, di cui è stato ritrovato un dito di una mano che suggerisce le dimensioni di tre metri per simulacro, l’altro ambiente si suppone potesse ospitare una seconda statua, forse MKERIS (Melkart-Erakle), padre di Sardus.

I doni votivi ritrovati sono numerosi: statuette in bronzo integre o ridotte ai piedi raffiguranti Ercole e altre divinità, lance di ferro, 42 monete repubblicane, 1103 monete imperiali, inoltre, l’importantissima tabella bronzea con dedica al Sardus Pater che costituì la prima spia del culto praticato nel santuario di Antas.

La conclusione del millenario culto si colloca intorno al IV sec. d.C: quando il Cristianesimo era già affermato nelle principali città costiere.

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