La leggenda del nodo d’amore

Alla fine del 1300, l’Italia settentrionale è segnata da guerre, il duca di Milano Giangaleazzo Visconti, detto “Conte di Virtù” e Signore di Milano e Verona raggiunge le sponde del Mincio con le sue truppe e vi stabilisce una testa di ponte per lo sviluppo di un piano militare contro i suoi nemici. E’ in una di queste sue visite che diede inizio alla costruzione (1393-1395) del Ponte Visconteo (il pontelongo), allo scopo di garantire l’impenetrabilità dei confini orientali del ducato.

All’interno delle truppe viscontee intanto, alla luce dei falò, il buffone Gonnella, racconta ai soldati un’antica leggenda…

“si dice che le acque del Mincio, siano popolate da ninfe bellissime, che talvolta escono dal fiume per danzare in prossimità delle rive, ma una vecchia maledizione le costringe ad assumere le sembianze di orride streghe”

Così mentre tutto l’accampamento cade nel sonno, provenienti dal fiume ne appaiono alcune che iniziano a danzare tra i soldati addormentati… solo Malco, il loro valoroso capitano, si ridesta e affronta le misteriose creature, che, vedendosi scoperte, fuggono verso il Mincio. Una di queste viene raggiunta e, nel disperato tentativo di scappare, perde il mantello che l’avvolgeva, rivelandosi inaspettatamente una splendida ninfa. Nel breve corso della notte tra i due nasce l’amore e l’alba li sorprende a promettersi eterna fedeltà. Silvia, la bella ninfa, deve ritornare nelle profondità del fiume prima del sorgere del sole e lascia a Malco, quale pegno del suo amore, un fazzoletto annodato teneramente.

Il giorno seguente giungono alla presenza del Conte di Virtù tre splendide ambascerie. Durante il ricevimento alcune belle fanciulle eseguono una danza in onore degli ospiti. Il capitano Malco riconosce in una di esse Silvia, che l’amore ha spinto ad affrontare il mondo tumultuoso degli uomini. Gli sguardi innamorati tra Silvia e Malco destano, però, la gelosia di Isabella, nobile dama, cugina del Conte di Virtù, che da tempo aspira all’amore del capitano. Spinta dalla gelosia, Isabella denuncia al Conte, come strega, la bella ninfa. La festa viene subito interrotta e dato l’ordine di arrestare Silvia. Malco impetuosamente si frappone tra la fanciulla amata e le guardie, consentendole di fuggire verso il fiume, poi si arrende e consegna la spada al Conte adirato. Al calar della sera Isabella si presenta a Malco, che langue in una cella: tormentata per il suo gesto invoca disperatamente il perdono e la comprensione del prigioniero. Mentre i due si parlano, riappare Silvia, ancora una volta emersa dal fiume, per salvare l’amato, costringendo Isabella a ritirarsi sconfitta. Silvia propone a Malco l’unica via di scampo: non sulla terra, dove ormai non ci può essere felicità tra i due amanti, ma nelle acque, dove vivono le ninfe. Malco accetta senza esitazione e si dirige con Silvia verso il fiume Mincio. Il conte di Virtù allertato dalle guardie si lancia all’inseguimento, ma viene momentaneamente fermato da Isabella, la quale, pentita, chiede rispetto e comprensione per un amore che non conosce limitazioni. Arrivati al fiume, poco dopo che Silvia e Malco si sono lanciati nelle acque, il conte di Virtù trova abbandonato sulla riva il fazzoletto di seta dorata, simbolicamente annodato dai due amanti, per ricordare il loro eterno amore.

Ancora oggi si racconta come le donne e le ragazze di quel tempo, durante i giorni di festa, avessero voluto raccontare la storia dei due innamorati, tirando una pasta sottile come la seta, tagliata e annodata come il fazzoletto d’oro e arricchita di un delicato ripieno.

Era nata la leggenda del Tortellino di Valeggio.